Se non c’è conflitto non c’è storia, non c’è passione, non c’è coinvolgimento. Vero, sacrosanto: è la prima regola del raccontare storie ma non solo. È anche la prima regola delle campagne sociali, quelle che servono per convincere le persone a firmare una petizione o a dare dei soldi: c’è il male ma noi siamo il bene, tu sei il bene e insieme possiamo sconfiggere il male.
Se le cose stanno così, la lotta alla crisi climatica ha un problema in più. Perché individuare un cattivo, definire un male ben delineato è tutt’altro che facile.
Sia chiaro: non è che i nemici non ci siano, nella lotta contro la crisi climatica. Ci sono aziende molto importanti che hanno contribuito a metterci nei guai e che continuano a farlo, negando il problema, oppure boicottando le soluzioni, proponendoci soluzioni fasulle o facendo finta di essere buone quando non lo sono. Ci sono organi di informazione che continuano a negare il problema e ad attaccare chi cerca di affrontarlo.
All’elenco dei villains si è da poco aggiunta la Corte Suprema degli USA che ha tolto all’Agenzia per la Protezione Ambientale del paese il potere di fissare i limiti sulle emissioni di gas serra, minando così il percorso degli Stati Uniti d’America verso la decarbonizzazione. Cattivi, questi giudici? Sì, e magari tra qualche tempo ci faranno una bella serie TV su una Corte Suprema la cui maggioranza si sveglia la mattina dicendosi ‘andiamo a togliere un po’ di diritti a qualcuno (soprattutto a qualcuna)’.
Ma per intanto risolve il nostro problema? Noi abbiamo bisogno di un bel conflitto, per appassionare alla lotta contro la crisi climatica. Abbiamo bisogno di qualcuno che incarni il male, così da poter noi impersonare il bene che lo sconfigge. C’è questa impersonificazione del demonio climatico?
La risposta temo sia ‘no’. Non perché le azioni di imprese, giudici, politici eccetera siano neutre, ma perché la rete di responsabilità è troppo complicata e coinvolge un po’ tuttə. In gradi molto diversi, sia chiaro, ma tirare una riga netta tra bene e male – così da potersi schierare con forza dalla parte dei primi – è davvero difficile.
Come dicono persone che studiano la questione con attenzione, il problema è il nostro modello di sviluppo… e quindi dovremmo fare una bella mobilitazione contro il modell… stiamo scherzando? ‘Il nostro nemico è il modello di sviluppo!’ sembra un pessimo remake di ‘abbattere il sistema’, a sua volta passato di moda vari decenni fa.
E allora come se ne esce? Come si fa a rendere la lotta contro la crisi climatica appassionante?
Come si può rendere la transizione ecologica qualcosa che si ha voglia di fare, di costruire?
Avessi la risposta non lavorerei a un progetto che si chiama Non so come dirtelo, ma a uno che si chiama Si dice così! Però mi vengono in mente un paio d’idee.
La prima arriva dalla matematica: se l’insegni in modo solo teorico può essere indigesta. Se mostri che è uno strumento per risolvere problemi pratici – dal fare la spesa al valutare quanto traffico troverò in centro – va molto meglio. Perché risolvere problemi è una cosa che, spesso, ci appassiona. E la crisi climatica di problemi da risolvere ce ne presenta parecchi, molto concreti e molto vicino a noi.
Pensiamo alla siccità: in che modo mi posso attrezzare, con chi posso collaborare per evitare di trovarmi senz’acqua? Posso raccogliere e conservare l’acqua piovana (le poche volte che si fa vedere)? Posso trovare un’alternativa all’usare l’acqua potabile nello sciacquone? Discorso analogo alla corrente elettrica: c’è modo di abbattere ‘ste dannate bollette? Pompe di calore? Isolamento?
La seconda strada che mi viene in mente è questa: immaginare. Immaginare come potrebbe essere bello un mondo che viene trasformato non dalla crisi climatica, ma dalle soluzioni che mettiamo in campo. Città dove si toglie lo spazio ai cassonetti dell’immondizia (ne abbiamo parlato con Roberto Pirani) per restituirlo alle persone. Un rapporto con la nostra alimentazione che ci fa stare meglio. Sì, detta così suona un po’ new age, un po’ da magnifiche sorti e progressive dell’umana gente (e il sospetto che Leopardi fosse velatamente sarcastico ce l’ho).
Ma è comunque evidente che grazie all’immaginazione possiamo ottenere cose grandiose! C’è chi ha saputo immaginare mondi straordinari, che ci hanno appassionato in modo eccezionale: penso a Il Signore degli Anelli, penso alla saga di Harry Potter… ok, d’accordo, esempi non proprio azzeccati. Nell’opera di Tolkien e in quella di Rowling ci sono dei cattivi per eccellenza, Sauron e Voldemort: siamo da capo, alla ricerca del cattivo, del conflitto.
Ma mica ho detto che è facile, ho detto che ci dobbiamo provare. E uno dei modi per farlo forse consiste proprio nel mettere insieme immaginazione e matematica: ne abbiamo già parlato con la climatologa Elisa Palazzi: bisogna partire dai dati, e dobbiamo essere accurati e precisi. Ma da lì dobbiamo prendere le mosse per andare a parlare di qualcosa che possiamo desiderare tuttə.
Avete presente il gran litigio su auto elettrica/auto a combustione? Va bene, scorniamoci pure su questa cosa (purché si ragioni sui dati). Però facciamo vincere l’immaginazione: non sarebbe bello vivere in città libere dalle auto, elettriche o endotermiche che siano? Allora lavoriamo, insieme, per quello, prima di tutto.