Per fermare la crisi climatica dobbiamo tagliare le emissioni di gas serra. Sapere quali nostre attività ne producono di più, di gas serra, è dunque molto utile.
Semplice, no? No.
Secondo molti studi, il settore agroalimentare impatta molto sul cambiamento climatico. ‘Molto’ quanto? Nel 2009 il World Watch Institute, autorevole centro di ricerca sui temi ambientali, lancia la bomba: dal settore agroalimentare arriva il 51% delle emissioni globali di gas serra. Quattro anni dopo la FAO, l’agenzia delle Nazioni Unite per il cibo e l’alimentazione, pubblica un risultato parecchio diverso: l’agroalimentare produce il 14,5% delle emissioni.
È tanto in entrambi i casi, ma nel primo caso la stima è tre volte e mezzo più grande della seconda. Attenzione, però: dalla pubblicazione di questi studi sono passati diversi anni e, infatti, le stime si sono affinate. La FAO, nel marzo del 2021, ha pubblicato uno studio secondo cui, tutto considerato, dal sistema che produce e distribuisce cibo arriva circa un terzo delle emissioni di gas serra.
Ma la questione non finisce qui, perché c’è cibo e cibo.
Nei giorni scorsi ha fatto molto discutere – almeno su instagram – un post di Dario Bressanini, stimato divulgatore scientifico. Bressanini ha citato uno studio del 2017 che risponde a questa domanda: se negli Stati Uniti tuttə diventassero veganə, di quanto scenderebbero le emissioni di gas serra del paese? Risposta: del 2,6%. Solo del due virgola sei per cento.
E quindi lo mangio, l’hamburger!
Aspetta! Perché ho visto molti studi che sembrerebbero smentire quello citato da Bressanini, dimostrando che la carne, soprattutto quella bovina (di cui sono fatti, credo, la maggior parte degli hamburger) ha un grande impatto sul clima. Uno di questi studi – uscito nello stesso anno di quello citato da Bressanini, il 2017 – dice che un’alimentazione onnivora produce il 70% di gas serra in più di un’alimentazione vegana. Ed è uno studio fatto in Italia, dove sicuramente mangiamo molta meno carne che negli USA, a cui fa invece riferimento quello del ‘meno 2,6%’ citato da Bressanini.
Quindi non misurano la stessa cosa, quel – 70% e quel – 2,6%. Il primo ci dice la differenza in emissioni tra una dieta onnivora e una dieta vegana. Una persona che segue la dieta vegana non consuma alimenti di provenienza animale: non solo evita la carne, ma anche il latte, il formaggio, le uova… e questo fa sì che – nell’alimentarsi, sia chiaro, sto parlando solo dell’alimentarsi – lə veganə producano il 70% di emissioni in meno rispetto allə onnivorə.
Il secondo numero ci dice di quanto calerebbero tutte le emissioni USA se tuttə nel paese diventassero veganə: dunque include anche tutte le altre emissioni, quelle che provengono dai trasporti, dalla produzione di energia, dall’edilizia… resta un dato strano, perché sembrerebbe sottostimare l’impatto dell’alimentazione che sappiamo essere alto, però…
Però un accidenti! Io non ho nessuna voglia di entrare in un dibattito su articoli scientifici! Io voglio sapere se posso mangiare un hamburger! Posso avere una risposta?
Forse no.
O meglio: con buona approssimazione si può dire che è meglio diminuire il proprio consumo di carne, finanche azzerarlo. Ma una persona sceglie cosa mangiare in base a diversi fattori: salute, ideali, prezzo, disponibilità e, certo, anche sulla base delle emissioni di gas serra, senza dimenticare il gusto. Una comunicazione fatta bene, secondo me, non dovrebbe dirci ‘mangia quello o mangia questo’, ma aiutarci a vedere cosa c’è dietro le nostre scelte alimentari.
E credo dovrebbe farlo aiutandoci a vedere le cose a più ampio raggio. Ad esempio, a livello politico. Nell’Unione europea, ad esempio, è in vigore una Politica Agricola Comune che sembra non fare abbastanza per frenare le emissioni di gas serra prodotte nel settore agricolo. C’è un paese, invece, che vuole essere molto più incisivo: è la Nuova Zelanda, che ha scelto di tassare le emissioni di metano di ovini e bovini.
A un livello intermedio si può ragionare anche su cosa fare in azienda. Prendiamo il caso di imprese dove c’è un ristorante aziendale: è possibile che un importante contributo alla transizione ecologica arrivi proprio dal ripensare il menù offerto a lavoratori e lavoratrici, un’azione che impatta praticamente zero sulle attività produttive.
Ma alla fine, io lo posso mangiare ‘sto hamburger o no?
Fai come credi: se questo articolo ha contribuito a farti fare una scelta più consapevole, noi siamo solo contenti. Buon appetito!