Se terminata la scuola dell’obbligo mio figlio vorrà studiare, dovremo far fronte a un bel po’ di spese. Tasse universitarie, libri, eventuale trasferimento nella città universitaria che sceglierà (eventuale perché pezzi di università ci sono anche nella nostra città, Biella). Se farà anche qualche master le spese saliranno alle stelle. Bisogna che mettiamo da parte dei soldi – per queste e altre spese – il che ovviamente non significa ‘metterli nell’armadio’, ma investirli bene.
Ma che significa investire bene i propri soldi? Dove rendono di più: sto parlando del futuro di mio figlio, mi sembra doveroso accumulare le massime risorse possibili. Sì, a farla semplice è così, ma non è affatto semplice.
Finanziare il caos climatico
Pochi giorni fa è uscita l’edizione 2023 di Banking on Climate Chaos, un rapporto con cui alcune associazioni fanno i conti in tasca alle più grandi banche del mondo. Nulla di appassionante tipo hackering o infiltrati negli uffici di questi grandi istituti di credito. Le ricerche si basano su dati pubblici da cui emerge che una sessantina di grandi banche del mondo hanno contribuito in modo determinante ad alimentare la crisi climatica.
L’hanno fatto finanziando alla grande e quindi rendendo possibili attività di estrazione dei combustibili fossili. Sappiamo bene che non lo dovremmo fare, dovremmo ridurre progressivamente – e il più velocemente possibile – l’uso dei fossili per produrre energia. Invece, queste banche fanno il contrario e aumentano il loro impegno a favore delle fonti fossili. Finanziano il caos climatico.
Una strana schizofrenia
Ma perché lo fanno? Non sono consapevoli della crisi climatica? Esattamente il contrario. Basta dare un’occhiata al sito di BNP Paribas che, secondo Banking on Climate Chaos è a livello mondiale undicesima, per finanziamenti alle attività del fossile, e «la peggiore in Europa», si legge sul rapporto.
«Il nostro scopo è continuare a essere in prima linea contro il cambiamento climatico, muovendoci sempre più velocemente per limitare l’aumento al 2050 delle temperature globali entro 1,5 °C», si legge sul sito di BNP Paribas, e a parlare è nientemeno che Jean Laurent Bonafé, CEO e direttore esecutivo della banca. Discorso analogo per le due grandi banche italiane che compaiono tra i grandi finanziatori del fossile: Unicredit e Intesa San Paolo, che nei loro siti s’impegnano verso le ‘emissioni zero’ ma che dal 2016 al 2022 hanno versato in totale oltre 60 miliardi di dollari al settore fossile.
Com’è possibile questa situazione? È una strana schizofrenia.
Il doppio binario
Chiacchierando con Andrea Ghianda, responsabile della comunicazione del think tank sul clima ECCO, ho capito che per molti soggetti del mondo economico esiste un approccio che potremmo chiamare del doppio binario. Da un lato s’impegnano nelle attività green, ad esempio in favore delle fonti di energia rinnovabile. Dall’altro continuano a fare esattamente come prima, cioè investendo soldi dove li hanno investiti sinora. A me sembra una cosa strana: è come se io oggi andassi da una dietologa e a cena mangiassi due volte: quello che mi ha prescritto lei e quello che mangerei di testa mia.
Arianna Busseti, esperta di finanza, mi ha spiegato che ad oggi investire nel fossile conviene, conviene ancora. Se ci metto dei soldi, faccio un affare, dal punto di vista economico. Dunque?
L’idea che abbiamo del futuro
Se io investissi tutti i soldi che posso nel fossile solo per fare la bella vita, potrei far storcere diversi nasi. Se il mio obiettivo è, invece, assicurare a mio figlio il miglior futuro possibile, forse otterrei meno critiche. Certo, qualcuno potrebbe dirmi «un futuro dove imperversa il caos climatico non è un gran futuro. E se tu investi in fonti fossili, contribuisci ad alimentarlo, quel caos». Osservazione sensatissima a cui però potrei obiettare che a livello globale il mio investimento corrisponde a briciole insignificanti, non è che aspettano i miei soldini per decidere se trivellare o meno davanti all’Alaska o sul delta del Niger. A livello famigliare, invece, se un investimento mi rende il doppio rispetto a un altro, la differenza la sentirei eccome.
Qualche esperto di finanza potrebbe forse spiegarmi che no, investire nelle tecnologie verdi non è meno redditizio che investire nel fossile e sarebbe una notizia bellissima. Ma resta un punto, secondo me cruciale.
L’illusione di sfangarla
Non capisco il comportamento di queste banche e sarei felicissimo di ricevere spiegazioni. Abbozzo allora un’ipotesi per dare un senso a questa cosa. Coloro che le dirigono – queste grandi banche, appunto – e quindi decidono di investire montagne di soldi in attività che aggravano la crisi climatica, forse fanno un pensiero di questo tipo. Forse – vorrei scrivere forse trenta volte – pensano che sì, ci saranno dei problemi, ma loro li eviteranno. Perché hanno le risorse e i numeri per far fronte a ogni problema che potrebbe derivare dalla crisi climatica. E questo vale anche per i loro figli. Il cibo costerà sempre di più, ma chi ha molti soldi continuerà a poterlo comprare. Farà un grande caldo, ma chi ha risorse economiche potrà installarsi in casa i condizionatori più moderni ed efficienti.
È un meccanismo perverso che non riguarda solo le persone più ricche. Può riguardare tutte e tutti. Confidiamo cioè, che in fondo la sfanghiamo, che ce la caveremo noi e coloro a cui vogliamo bene. È un pensiero comprensibile: l’idea di un figlio che paga le peggiori conseguenze della crisi climatica non piace a nessuno. Meglio illudersi che ce la farà e se gli si lasciano un bel po’ di soldi, avrà ancora più possibilità di farcela (sì, mi rendo conto che questo è un pezzo di trama di Breaking Bad, ma il collegamento è involontario, davvero).
Daniele Scaglione
p.s. per quanto possa valere, i miei soldi al momento li sto investendo qua.