In occasione della Fashion Week, a Milano, è comparsa una suggestiva installazione. Un’automobile devastata da giganteschi chicchi di grandine. Sul cofano dell’auto, la frase Climate Change doesn’t exist. Il messaggio è chiaro: la crisi climatica è qui, adesso, e non possiamo ignorarla.
Un’installazione bella, d’impatto, che fa discutere, che viene ripresa dai media e gira sui social. Quindi mi sembra che funzioni. Un dubbio però ce l’ho, me lo solleva la frase sul cofano:
il cambiamento climatico non esiste.
Davvero è una domanda all’ordine del giorno?
Ormai sono diversi anni che una solida maggioranza di persone crede che il cambiamento climatico sia reale. Anche negli Stati Uniti, paese dove il negazionismo climatico è nato e si è sviluppato molto più che altrove, dove un ex presidente con non poche possibilità di tornare alla Casa Bianca è un negazionista, pure in questo paese, a credere che il cambiamento climatico esiste è la grande maggioranza delle persone.
Sia chiaro: persone che ancora negano il cambiamento climatico ci sono, in alcuni casi sono visibili e ascoltate, perché lavorano in giornali o ricoprono carichi istituzionali (o perché, mi ripeto, sono state alla Casa Bianca e c’è il rischio che ci tornino). Però mi pare che siano sempre più una minoranza e, soprattutto, mi pare che il vero terreno di scontro sia altrove.
Ci sono le proteste degli agricoltori e le questioni che riguardano la transizione ecologica entrano eccome, in questa faccenda. Ma non mi pare che gli agricoltori neghino che il clima stia cambiando, anzi, lo vedono benissimo, meglio di tanti altri. Le proteste sono sul cosa si fa per affrontare la situazione, non sul perché lo si fa.
Andiamo verso le elezioni europee e, al momento, i partiti che contestano diverse iniziative legate alla transizione ecologica, sembrano destinati ad aumentare il proprio consenso. Ma, di nuovo, non è che guadagnino voti dicendo che il cambiamento climatico non esiste. Li guadagnano dicendo che quello che si fa per affrontarlo non va bene. Che si va troppo veloce, che si penalizzano le industrie europee a vantaggio di quelle cinesi, che si rischia di mortificare il sistema produttivo del vecchio continente, e via dicendo.
E, forse, è su queste cose che dovremmo discutere: sul terreno delle cose da fare.
Ribadire che il cambiamento climatico esiste, dunque, è utile? Non c’è il rischio di contribuire a tenere aperto un dibattito marginale?
Daniele Scaglione