Mi manca l’aria
Qualche anno fa, mia moglie e io abbiamo deciso di venire a vivere a Biella, città nel nord del Piemonte. Abbiamo abbandonato Torino e i motivi di questa scelta sono diversi. Tra questi vi è la qualità dell’aria, pessima a Torino, decisamente migliore – anche se non perfetta – a Biella. Quando abbiamo preso questa decisione nostro figlio aveva cinque anni, non volevamo farlo vivere in un ambiente pericoloso per la sua salute.
Certo, potevamo fare una cosa diversa, soprattutto potevo farla io, visto che Torino è la mia città: rimanere e impegnarmi per rendere la capitale sabauda una città migliore. Invece abbiamo pensato a ‘metterci in salvo’.
Egoismo?
Non sta a me dirlo, posso solo dire che il meccanismo è stato questo: prima abbiamo sentito la responsabilità di genitori, verso nostro figlio. La responsabilità come cittadini, verso la società, almeno su questo punto è passata in secondo piano.
Priorità
Parlo di questa vicenda perché credo – magari mi sbaglio – che c’entri un po’ con un meccanismo generale con cui affrontiamo la crisi climatica: cerchiamo la soluzione personale, pensiamo prima di tutto a mettere in salvo noi stessi e le persone che ci sono care.
È notizia di questi giorni che alcuni importanti fondi di investimento stanno rallentando – anche di molto – il proprio impegno in favore della transizione ecologica. Lo fanno per questioni di contesto politico ma anche perché hanno trovato modi migliori di fare soldi. E i clienti di questi fondi vogliono, comprensibilmente, massimizzare i propri ricavi.
Sono degli incoscienti? Non credono che il cambiamento climatico esista e cambierà anche il loro stile di vita?
Non necessariamente. Forse, più semplicemente, pensano che più soldi si hanno, meglio si possono affrontare le avversità che dovessero pararsi loro davanti. E dargli del tutto torto, non è facile. Credo che nel parlare di transizione ecologica dobbiamo ricordarci una cosa:
sì, colpirà tutti, ma in modo molto diverso.
Differenze, disuguaglianze, diversità
C’è chi se la passerà malissimo – c’è già chi se la passa malissimo – chi in qualche modo si arrangerà e chi, tutto sommato, se la passerà bene. Presumibilmente, questi ultimi non saranno molti ma il punto non credo sia questo. Il punto, semmai, è che molte persone contano di far parte di questo gruppo. A patto, però, che mettano in atto azioni e strategie per salvare se stesse e le persone care.
Poi, certo, c’è un altro elemento ancora: avrei davvero potuto fare la differenza, nel migliorare la qualità dell’aria di Torino? Posso, individualmente, far la differenza contro la crisi climatica?
Trovare una visione comune su come affrontare la crisi climatica, una visione desiderabile per tuttə, in cui tuttə possono giocare un ruolo, è una delle grandi sfide per chi si occupa di comunicazione della transizione ecologica. È il motivo per cui, probabilmente, sempre più quando si parla di sostenibilità si parla anche di diversità e inclusione. Ci torneremo.
Daniele Scaglione